PROLOGO
Da “I PAGLIACCI”
Si può?...
Signore! Signori!... Scusatemi
se mi presento da solo: io sono il prologo!
Stasera
porteremo sulla scena gli antichi personaggi del teatro dell’Opera, fantasmi
d’altri tempi che, vivificati dalla musica e dal gioco teatrale, hanno
divertito e incantato, hanno fatto sognare e piangere tante generazioni.
Io
non sono qui per illustrarvi il valore artistico del nostro melodramma, questo
gioiello italiano che tutto il mondo ci invidia. No.
No.
Sono
venuto solo per ricordarvi una semplice verità: il teatro e la musica sono la
vita stessa. Sulla scena del teatro d’opera vivono vere donne e veri uomini,
gente che ama, soffre, ride e piange, tradisce e si dispera … come avviene
sulla grande scena del mondo. Gli attori e i personaggi – rammentatelo! - sono
esseri umani in carne ed ossa: e anch’essi, come voi, respirano l’aria di
questo orfano mondo!
Stasera
incontrerete la piccola Butterfly, tradita e abbandonata; il furbo dottor
Dulcamara, venditore di un prodigioso elisire; Carmen, la zingara sensuale e
capricciosa; l’anima inquietante di
Mefistofele, e i personaggi della celebre Cavalleria Rusticana…
Voi
lasciatevi condurre dalle loro storie, e
cullare sull’onda della musica.
Vi ho detto l’essenziale
...
Ora ascoltate come a voi
stasera lo presentiamo.
(gridando verso la scena)
Andiamo, ragazzi! Incominciate!
(si apre il
sipario)
2
Da “IL BARBIERE DI
SIVIGLIA”
di Gioacchino Rossini
La gente che ci sta intorno, gli
altri, i nostri simili… certe volte sono proprio insopportabili!
Ma… come sbarazzarci dei seccatori,
dei noiosi e dei rognosi, degli invadenti, degli stupidi, di tutti quelli che
ci intralciano la strada e ci rendono amara l’esistenza?
C’è un metodo semplice e sicuro per
neutralizzare l’azione di disturbo degli altri.
Sentite un po’ quello che il geniale
e astuto don Basilio consigliava al vecchio ingenuo don Bartolo, nel “Barbiere
di Siviglia” di Rossini.
Ah! Dunque voi non sapete cos'è la calunnia?
Allora ascoltate!
La calunnia è un venticello,
un'auretta assai gentile
che insensibile, sottile,
leggermente, dolcemente
incomincia a sussurrar.
Piano piano, terra terra,
sottovoce, sibilando,
va scorrendo, va ronzando;
nelle orecchie della gente
s'introduce destramente
e le teste ed i cervelli
fa stordire e fa gonfiar.
Dalla bocca fuori uscendo
lo schiamazzo va crescendo
prende forza a poco a poco,
vola già di loco in loco;
sembra il tuono, la tempesta
che nel sen della foresta
va fischiando, brontolando
e ti fa d'orror gelar.
Alla fin trabocca e scoppia,
si propaga, si raddoppia
e produce un'esplosione
come un colpo di cannone,
un tremuoto, un temporale,
un tumulto generale,
che fa l'aria rimbombar.
E il meschino calunniato,
avvilito, calpestato,
sotto il pubblico flagello
per gran sorte ha crepar.
3
Da “GIANNI SCHICCHI”
di
Giacomo Puccini
Come “Le
mille e una notte”, il teatro dell’Opera è il racconto di tante storie d’amore.
Storie senza luogo e senza tempo, perché l’amore non abita in alcun luogo e non
vive nel tempo: egli è signore degli spazi e della memoria, e noi, sue
creature, siamo rapiti nei suoi voli misteriosi che lambiscono il cielo e la
terra, l’inferno e il paradiso …
E cosa c’è
di più bello al mondo che l’immagine dell’amore nel volto di una donna
innamorata?
Per questo
ci piace aprire con un delizioso quadretto da un’Operina pucciniana. Gianni Schicchi è un padre burbero e buono; Lauretta è la sua
‘bambina’ malata d’amore …
GIANNI
No! No! E no!
LAURETTA
(Gli si inginocchia davanti)
Oh! mio babbino caro,
mi piace, è bello, bello;
vo' andare in Porta Rossa
a comperar l'anello!
Sì, sì, ci voglio andare!
E se l'amassi indarno,
andrò sul Ponte Vecchio…
ma per buttarmi in Arno!
Mi struggo e mi tormento!
O Dio, vorrei morir!
Babbo, pietà, pietà ...
(Piange. Gli abbraccia le ginocchia)
GIANNI
(commosso, come chi è costretto ad accondiscendere)
(commosso, come chi è costretto ad accondiscendere)
Alzati!
Va’!
Va’!Va’!...
(Si alza, lo bacia e scappa) Sì!...
4
Da “CARMEN”
di G. Bizet
Un bolero e un
volo: quello di Carmen, la zingara.
Lei volteggerà,
uccello rapace, intorno alla sua preda.
Poi getterà un fiore a Don José - il brigadiere
che l’ha arrestata - e lo avrà ai suoi piedi per sempre.
E quando il suo
uomo rinuncerà a tutto per averla, lei volerà via, come un falco ribelle,
rivolta ad un'altra preda. Il
suo nuovo amore sarà il segno della sua libertà.
Tante Carmen volano ancora nel
cielo. Sono donne che per il loro istinto di indipendenza, preferiscono rassegnarsi al massacro.
E’ la sua grandezza e la sua
maledizione!
CARMEN
Ehi, tu! Guardami!
Guardami! Chissà… forse un giorno sarò pazza di te…
Quando? Mah… Non
lo so.
Domani, forse… o dopodomani… o un altro giorno.
Ma oggi… oggi no, oggi certamente no!
HABANERA
L’amore è un falco ribelle,
Un falco selvaggio che non puoi addomesticare.
Inutile chiamarlo, se non vuol venire.
Non c’è minaccia, non c’è preghiera che lo porti là dove non
vuole andare.
Tu sai parlare bene, quell’altro se ne sta zitto e buono;
Ed io preferisco quello là! Non sa dire niente, ma
mi piace così.
L’amore! L’amore è uno zingaro che non conosce leggi.
Tu non mi vuoi? E io invece ti voglio!
… E se io ti voglio, sta’ attento!
Sta’ attento a te!
L’uccello che pensavi di catturare sbatté
le ali e se ne volò via.
L’amore è lontano? Siediti là e
aspettalo.
Ti sei stancato di aspettare? Stai per alzarti e andartene… Ed eccolo che
arriva!
Ti gira intorno, intorno, intorno… Ah, è’ venuto finalmente! … E subito se ne va
via!
Poi ritorna. Allora tu credi di
afferrarlo? Ti sfugge ancora!
Tu vuoi sfuggirgli? Ed egli ti afferra!
L’amore! L’amore è uno zingaro che non conosce leggi.
Tu non mi vuoi? E io invece ti
voglio!
…
E se io ti voglio, sta’ attento! Sta’ attento a te!
(getta il
fiore che ha tra i capelli a don José)
DON
JOSE’ (raccoglie il fiore di Carmen e
l’odora)
Che tipo! Quant’è sfacciata!
Però questo fiore è
così bello, e ha un profumo così forte…
Quella donna… Se le streghe esistono,
giuro che quella donna è una strega!
Attento don José, sta’ attento! Sta’ Attento!
5
Da “MADAMA BUTTERFLY”
Pinkerton, un ufficiale della marina degli
Stati Uniti, arriva a Nagasaki e sposa una giovane geisha di quindici anni,
Cio-cio-san. La chiama “Butterfly”, farfalla.
Per lui è solo un gioco. Per Butterfly, invece, quelle sono vere
nozze.
Poi Pinkerton torna al suo Paese. E Butterfly
lo aspetta. Vuole credere, al di là di
ogni speranza, che un bel giorno, sul confine del mare, riapparirà la sua nave
bianca.
Ma tu, piccola Butterfly,
continuavi ad essere bambina,
sciocca come l’antichità,
crudele come il futuro…
e fra te e la tua innocenza
si pose tutta la stupidità e la crudeltà del presente…
e fra te e la tua innocenza
si pose tutta la stupidità e la crudeltà del presente…
Così sparì, Butterfly, in un volo di farfalla,
SUZUKI
(prega
mormorando sottovoce)
(poi,
guardando Butterfly)
… che Butterfly
non pianga più, mai più, mai più.
BUTTERFLY
Gli dèi giapponesi sono grassi e pigri.
Sono convinta che il Dio degli americani
risponda subito a chi lo prega.
Però ho paura ch'egli non sappia con
precisione
dove noi stiamo di casa.
(rimane pensierosa, poi si rivolge a Suzuki)
Suzuki, siamo già in miseria,
o possiamo andare avanti ancora un po’??
SUZUKI
(apre un piccolo mobile e prende poche monete)
Queste sono le ultime.
BUTTERFLY
Queste, le ultime? Oh! Facciamo
troppe spese!
SUZUKI (ripone il danaro, mentre sospirando dice:)
S'egli non torna, e presto,
siamo proprio ridotti male.
BUTTERFLY (decisa)
Ma lui torna! Torna!
SUZUKI (crollando il capo)
Tornerà …
Sì. Forse!...
BUTTERFLY (indispettita a Suzuki)
Perché vuole
che il Console provveda all’affitto?
Avanti, rispondi, su!
Perché ha fatto mettere in
casa tante serrature,
se non avesse intenzione
di ritornare?
SUZUKI
Non lo so.
BUTTERFLY (meravigliata a tanta ignoranza)
Non lo sai? (con orgoglio) Te lo dico io.
Per tener fuori
le zanzare, i parenti e i dolori
e dentro, con ansia
gelosa, la sua sposa
che son io: Butterfly.
SUZUKI (poco convinta)
Eppure, non s'è mai udito che un marito
straniero
sia tornato al nido. Un marinaio
americano, poi…
BUTTERFLY (furibonda)
Taci, o t'uccido.
(insistendo nel persuadere Suzuki)
Quell'ultima mattina, prima che partisse,
“Tornerete signore? “ gli domandai.
Egli, col cuore gonfio,
per nascondermi la sua pena,
sorridendo rispose: (cerca di imitare Pinkerton)
«O Butterfly, piccina mogliettina,
tornerò con le rose nella bella
stagione,
quando fa la nidiata il pettirosso.»
(calma e convinta)
E tornerà. Tornerà!
SUZUKI (con incredulità)
Sì. Speriamo.
BUTTERFLY (insistendo)
Dillo con me: tornerà.
SUZUKI (per compiacerla)
Tornerà... sì (poi si mette a piangere)
BUTTERFLY (sorpresa)
Piangi? Perché? Ah, hai perduto la
fiducia!
(poi continua fiduciosa e sorridente)
Ascolta.
Un bel dì, vedremo
levarsi un fil di fumo
sull'estremo confine del mare.
E poi la nave appare,
La nave bianca.
entra nel porto, romba il suo saluto.
Lo vedi? E venuto!
Io non gli scendo incontro. Io no.
Mi metto
là sul ciglio del colle e aspetto…
Lo aspetto… lo aspetto …
e non mi pesa
la lunga attesa.
E... uscito dalla folla cittadina
un uomo, un piccolo punto
s'avvia per la collina.
Chi sarà? chi sarà?
E come sarà giunto,
che dirà? che dirà?
Chiamerà “Butterfly”!
dalla lontana.
Io senza dar risposta
me ne starò nascosta
un po' per celia,
un po' per non morire
al primo incontro,
ed egli, alquanto in pena,
chiamerà, chiamerà:
«Piccina! Mogliettina,
olezzo di verbena»…
i nomi che mi dava al suo venire.
(a Suzuki)
Tutto questo avverrà, te lo prometto.
Tieniti la tua paura!
Io con sicura fede lo aspetto.
Sì. Lo aspetto.
E verrà!
Verrà! (congeda Suzuki)
6
Da “DON GIOVANNI”
Don Giovanni è un maschio
scervellato, uno di quelli a cui piacciono tutte le donne, ma proprio tutte
tutte, anche quelle che sarebbe prudente evitare accuratamente, come le donne
Elvire.
Invece Don Giovanni, prima ci
casca e poi, vigliaccamente, se la dà a
gambe.
Ci proverà Leporello, il suo fedele servitore a trarlo d’impaccio.
E quando Donna Elvira fuma di rabbia perché Don Giovanni l’ha
abbandonata, Leporello la consola:
lei non è né la prima né
l’ultima; e per dimostrarglielo tira fuori un catalogo in cui ha annotato, nero
su bianco, tutte le conquiste del suo padrone: un numero mirabile di trofei
femminili, destinato a crescere perché … Don Giovanni è un dongiovanni, e
quando adocchia una donna, “purché
porti la gonnella” e respiri ancora!, … si
può immaginare come andrà a finire!
DONN'ELVIRA
(a Leporello)
Ebbene, fa' presto. Parla. Cos’hai da
dire?
Come puoi difendere il tuo padrone,
quel
gran mascalzone?
LEPORELLO
Madama... veramente... in questo mondo
Conciossiacosacchè…
il quadrato non può
essere tondo...
DONN'ELVIRA
E che cosa vuol dure questo discorso?
Ti prendi gioco di me… e del mio dolore?
Maledetto don Giovanni!
Mi ha ingannata, mi ha delusa… e poi
se n’è andato via… senza una spiegazione,
senza neppure una parola…
se n’è andato via… senza una spiegazione,
senza neppure una parola…
LEPORELLO
Eh! Signorina, credete a me: lasciatelo
andare.
Meglio! Meglio! e
Egli non merita le vostre lacrime...
Egli non merita le vostre lacrime...
DONN'ELVIRA
Mi ha ingannata, mi ha delusa, mi ha offesa…
LEPORELLO
Oh! Consolatevi!
non siete voi, non siete stata e non sarete
né la prima né l'ultima.
Guardate questo quaderno:
Guardate questo quaderno:
è tutto pieno
dei nomi delle sue conquiste.
Ogni città, ogni borgo, ogni paese
è testimone delle sue imprese
donnesche.
Signorina, questo
è il catalogo
delle belle che ha
conquistato il padron mio;
un catalogo che ho fatto
io, con le mie mani:
osservate, leggete insieme
a me.
In Italia seicento quaranta,
in Lamagna duecentotrentuna,
cento in Francia, in Turchia novantuna,
ma in Ispagna… son già mille e tre.
Tra queste ci
sono contadine,
cameriere, cittadine,
dottoresse, studentesse
casalinghe,
principesse,
donne donne d'ogni grado,
d'ogni forma, d'ogni età.
Nella bionda egli comincia
con
l’apprezzare la gentilezza;
nella bruna, la costanza;
nella bianca, la dolcezza.
D'inverno preferisce
la grassottella,
d'estate va
cercando la smilza;
gli piace
la donna giunonica
perché è maestosa,
perché è maestosa,
la piccina gli
piace perché è vezzosa.
Conquista
le vecchie
per
il semplice piacer e di metterle in lista:
ma la
sua passione, la sua grande passione,
è la ragazzina di
primo pelo.
Non gl’importa se sia ricca,
se sia brutta, se sia bella:
purché porti la gonnella,
voi potete
immaginare quel che fa!...
DONN'ELVIRA
Ah! Dunque,
per lui, io sono una delle tante!
Ma non la passerà liscia!
Don Giovanni non sa cosa può fare
una donna innamorata e tradita!
Io sento il mio cuore,
che non sapeva dire altro che parole d’amore
ora gridare solo parole di vendetta,
di rabbia e di dispetto!
A noi due, maledetto!
7
Da “CAVALLERIA
RUSTICANA”
di Pietro Mascagni
Turiddu, ritornato dal servizio
militare, ha un'amara sorpresa: Lola, la
sua bella innamorata, ha sposato Alfio, un ricco carrettiere del paese vicino.
Ma poiché “chiodo schiaccia
chiodo”, egli affascina e seduce Santuzza, per far morire di gelosia Lola. E
Lola non si nega alla sua corte insistente e, quando il marito è fuori casa, si
concede al giovane spasimante.
Santuzza sa. Ma è perdente. Come tante donne destinate ad
essere “terze” in storie d’amore di cui avrebbero voluto invece essere
protagoniste.
Santuzza, Turiddu, Alfio e Lola:
quasi maschere dell’opera dei pupi, mossi dalla volontà di un sordo burattinaio
che li spinge verso il loro destino; ma anche personaggi dell’eterna commedia
dell’amore sognato e dell’amore tradito,
del desiderio di vita e della disperazione finale.
Santuzza e Lucia
SANTUZZA
(entrando)
Mamma Lucia, vi devo parlare…
LUCIA
(sorpresa)
Sei tu? Che vuoi?
SANTUZZA
Dov’è Turiddu?
LUCIA
A questo siamo arrivati!
Vieni a cercare mio
figlio qui, a casa mia?
SANTUZZA
Perdonatemi, mamma Lucia!
Voglio solo sapere dove posso
trovarlo.
LUCIA
Non lo so, non lo so, non voglio storie!
Vedetevela tra di voi!
SANTUZZA
Mamma Lucia, vi supplico,
come Maddalena con Gesù
Cristo,
ditemi, per carità,
dov'è Turiddu...
LUCIA
Ieri è andato giù a Francofonte,
a comperare il vino…
SANTUZZA
No! Questa notte l'hanno visto qui,
in paese.
LUCIA
Ma che mi dici?
Stanotte Turiddu non è
tornato a casa!
(avviandosi verso l'uscio di casa)
Vieni qui. Entra!
SANTUZZA
(disperata)
No! Non posso entrare in casa vostra...
Sono scomunicata!
Alfio, Santuzza e Lucia
ALFIO
Salute a voi, Mamma Lucia,
e a voi comare Santa!
Oggi è
festa. E sono contento di stare a casa,
a
festeggiare la pasqua con mia moglie!
LUCIA
Beato voi, compare Alfio, che siete
sempre così allegro!
ALFIO
Mamma Lucia,
ne avete ancora di quel vecchio vino?
LUCIA
E’ quasi finito;
ma Turiddu è andato a prenderlo
a Francofonte.
ALFIO
Ah, sì? Ma guarda!
M’era sembrato di averlo visto stamattina
proprio vicino a casa mia.
LUCIA (sorpresa)
Come?
SANTUZZA (rapidamente,le fa segno di
tacere)
Sssst!
(dalla chiesa si odono canti)
ALFIO
E allora, io me ne vado. Lola
mi aspetta.
Ci vediamo in chiesa. (esce)
Santuzza e Lucia
LUCIA
Perché mi hai fatto segno di
stare zitta?
Tu che cosa ne sai di mio figlio?
SANTUZZA
Ah! Quale spina ho nel cuore!
LUCIA
Parlami chiaro, Santuzza!
Oggi è Pasqua. Dimmi tutta la
verità,
nel nome del Signore risorto.
SANTUZZA
Voi lo sapete, mamma,
che prima di partire soldato,
Turiddu aveva giurato
a Lola
che al suo ritorno se la
sarebbe sposata.
Ma quando tornò, Lola si
era già maritata
con compare Alfio, col
carrettiere…
E Turiddu, per spegnere la fiamma
che gli bruciava dentro,
si cercò un altro amore.
Mi amò. E io lo amai.
Ma Lola, invidiosa, incurante
di suo marito,
bruciava di gelosia...
E me lo ha rubato...
sì, me lo ha rubato!
E io rimango sola e
disonorata!
Lola e Turiddu si
amano, mamma Lucia!
Si amano, si amano!
E io piango, piango!
LUCIA
Signore mio, che cosa vieni a dirmi
in questo santo giorno?
SANTUZZA
Che sono dannata! (singhiozza)
Andate in chiesa, mamma,
andate voi a pregare Iddio,
… e per me.
Turiddu verrà qui, di sicuro.
Voglio supplicarlo ancora
una volta !
LUCIA
(uscendo verso la chiesa)
Aiutatela voi, Vergine
santa !
(esce)
Santuzza e Turiddu
TURIDDU
(entrando)
Tu qui, Santuzza?
SANTUZZA
Sì. Ti stavo aspettando.
TURIDDU
Oggi è Pasqua, tu
non ci vai in chiesa?
SANTUZZA
Non ci vado. Debbo parlarti...
TURIDDU
Dov’è mia madre….
SANTUZZA
Ti devo parlare...
TURIDDU
No! Qui no!
SANTUZZA
Da dove vieni? Dove sei stato?
TURIDDU
Che significano queste
domande?
Sono stato a Francofonte,
a comprare il vino!
SANTUZZA
No, non è vero!
TURIDDU
Santuzza, mi devi
credere…
SANTUZZA
No, non mentire;
con questi miei occhi mi sono
accorta
che ti avviavi in fondo al sentiero...
Poi giravi e tornavi indietro.
E stamattina, all'alba, ti
hanno visto
vicino alla casa di Lola.
TURIDDU
Ah! mi hai spiato?
SANTUZZA
No, te lo giuro. Ce lo
ha detto compare Alfio,
suo marito, proprio poco fa.
TURIDDU
E’ così che mi ricambi l'amore che ti porto?
Che cosa vai dicendo?
Che cosa vuoi? che quello
mi uccida?
SANTUZZA
Oh! questo non lo dire...
non lo dire!
TURIDDU
Allora lasciami perdere,
vattene via!
Non ho bisogno della tua pietà.
SANTUZZA
Tu l'ami?
TURIDDU
Chi?
SANTUZZA
Lola!
TURIDDU
No!
SANTUZZA
Lola è assai più bella
di me...
TURIDDU
Stai zitta! non l'amo.
SANTUZZA
L'ami... Oh! maledetta!
TURIDDU
Santuzza!
SANTUZZA
Quella cattiva femmina ti ha
stregato!
TURIDDU
Bada, Santuzza, io non sono
il tuo schiavo!
E mi fai pena, per questa tua
stupida gelosia!
SANTUZZA
Allora picchiami, insultami!
Io ti amo e ti perdono,
ma la mia angoscia è più
forte di me.
Lola, Santuzza e Turiddu
LOLA
(dentro la scena, cantando)
Fior di giaggiolo,
gli angeli belli stanno a mille in cielo,
ma bello come lui ce n'è
uno solo.
(entrando)
LOLA
(sarcastica)
Oh! Turiddu... è passato Alfio,
per caso?
TURIDDU
(impacciato)
Non lo so.
Son giunto in piazza
in questo momento…
LOLA
Mah! Forse è rimasto dal maniscalco.
Ma non può tardare,
dobbiamo andare a messa…
(ironica) E... voi... sentite le funzioni
standovene in piazza?
TURIDDU
Santuzza mi stava
raccontando...
SANTUZZA
(tetra)
Gli stavo dicendo che oggi è
Pasqua
e il Signore vede tutto!
LOLA
E allora? Non venite in chiesa?
SANTUZZA
Io no. In chiesa ci deve
andare chi è sicuro
di non avere peccati
sulla coscienza.
LOLA
Io ringrazio il Signore e bacio in terra!
SANTUZZA
(ironica)
Oh, brava! fate bene, fate
bene, Lola!
TURIDDU
(a Lola) Andiamo, andiamo
via!
Qui non abbiamo altro
da fare.
LOLA
(ironica) Oh! Per
me … Rimanete pure!
SANTUZZA
(a Turiddu)
Sì, resta, resta, devo
dirti ancora una cosa!
LOLA
E v'assista il Signore:
io me ne vado.
(esce)
Santuzza e Turiddu
TURIDDU (irato)
Ah! che hai detto?
Maledetta sfacciata!
SANTUZZA
L'hai voluto tu! E ben ti sta.
TURIDDU
(le s'avventa) Ah! Io…!
SANTUZZA
Squarciami il petto!
Scannami!
TURIDDU
(s'avvia) No! No!
SANTUZZA
(trattenendolo) Turiddu, ascolta!
TURIDDU
Va'! Va'!
Va'!!!
SANTUZZA
No, Turiddu, aspetta!
aspetta solo un poco.
Dimmelo chiaro: vuoi abbandonarmi?
Vuoi abbandonarmi davvero?
Dimmelo qui…
TURIDDU
Perché mi hai pedinato? Perché mi
hai spiato?
SANTUZZA
Guardami… Lo vedi? Sono io, la tua Santuzza…
La tua Santuzza che piange e che
t'implora;
come puoi cacciarmi così?
TURIDDU
Vattene, ti ripeto! Vattene!
Non seccarmi.
E’ inutile pentirsi dopo l'offesa!
E vattene!
SANTUZZA
(minacciosa)
Bada!
TURIDDU
Di te e dell'ira tua, non
me ne importa niente!
(la getta a terra e fugge in chiesa)
SANTUZZA
(nel colmo dell'ira)
Traditore! Spergiuro!
(grida:) A te la mala Pasqua,
maledetto!
(cade affranta ed angosciata)
8
Da “MEFISTOFELE”
di Arrigo Boito
E’ la notte di Pasqua.
Faust, vecchio e
stanco, perso ogni interesse per la filosofia e la scienza, si adagia sulla sua
malinconia.
Ma dal suo cuore
inquieto, un’ombra prende corpo, quasi un essere vivente…
E’ Mefistofele, il
démone che dice sempre “No!”, l’eterno ribelle.
Mefistofele propone a
Faust di realizzare ogni suo desiderio, offrendogli quell'appagamento che non
ha mai vissuto.
E in un patto
scellerato, Faust gli vende l’anima in cambio di giovinezza, sapienza e potere.
Faust e
Mefistofele, voleranno insieme per un denso cielo di morte, mentre l’istante
incantato sfuggirà sempre agli occhi avidi dell’uomo condannato a una
disperante delusione …
FAUST
…
Ho camminato tanto.
Ormai
è l’ora del tramonto,
e
la valle fra poco si riempirà di nebbia.
La
notte tesse una rete sotto i passi dell’uomo.
Voglio
sedere su questo ceppo, e riposare.
Ma…
sento una strana presenza intorno a me,
qualcosa
che mi avvolge nelle sue spire…
Che
cos’è che mi stringe l’anima?
Svelati,
ombra nell’ombra!
MEFISTOFELE
Signore, mi comandate?
FAUST
Chi
sei? Come ti chiami?
MEFISTOFELE
Sono
una parte vivente di quella forza
che sempre
pensa il male… e fa il bene
FAUST
E che vuol
dire
questo giuoco di strane parole!
MEFISTOFELE
Son lo spirito che nega
sempre, tutto; l'astro, la
luce, il fiore!
Il mio ghigno e le mie trame
turbano gli ozi al creatore.
Voglio il nulla, voglio
la rovina universale
di tutto il creato.
E
quello che voi chiamate
peccato,
morte e male
È il
mio respiro vitale!
Rido e
ripeto questa sillaba: «No.»
Distruggo, mordo,
ruggo, e sibilo: «No.»
«No!»
«No!» «No!» «No!»
Abito
nelle profondità del nulla,
laggiù
dove regna l’oscurità.
Sono figlio delle
tenebre
e
vado cercando le tenebre.
Odio la luce che
usurpa il mio regno,
odio
le stelle, la luna e gli astri!
Odio
il silenzio dei cieli,
odio
il sorriso degli innocenti…
Rido e
ripeto questa sillaba: «No.»
Distruggo, mordo,
ruggo, e sibilo: «No.»
«No!»
«No!» «No!» «No!»
FAUST
Strano figlio del caos!...
MEFISTOFELE
Se tu,
assetato di conoscenza,
vuoi
farti mio socio,
io
ti farò conoscere il mondo che non sai.
Sarò al
tuo servizio,
come tuo schiavo, come
tuo servo.
FAUST
E
che cosa vorrai in cambio?
MEFISTOFELE
C'è
tempo , c’è tempo!...
Un
giorno te lo dirò.
FAUST
No,
parla chiaro: che cosa vorrai in cambio?
MEFISTOFELE
Io qui mi lego
a te come servo fedele
E
soddisferò tutte le tue voglie;
ma laggiù
(m'intendi?) faremo al contrario.
FAUST
L'altra vita?
Quella non mi preoccupa più di tanto.
Se tu riesci
a dare alla mia anima su questa terra
anche
solo un'ora di riposo;
Se riesci
a svelare me a me stesso;
se potrò
dire una volta all'attimo fuggente:
«Fermati: sei bello!»
e
tenerlo fra le mie mani,
allora,
suoni pure per me la campana a morto!
Io
sono tuo.
MEFISTOFELE
Sta bene!
Qua la mano!
(si danno la mano)
FAUST
E quando s'incomincia?
MEFISTOFELE
Subito.
FAUST
Allora,
presto! Dove andiamo?
MEFISTOFELE
Dove vuoi
tu.
FAUST
Voglio
volare lontano. Come si va?
Dove i cavalli,
le carrozze?
MEFISTOFELE
Non
occorre nulla, Signore!
Aspetta
ch'io distenda il mio mantello.
Ecco:
Sali!
Noi viaggeremo sull'aria.
In piazza c'e' un gran movimento. Oggi è
festa.
Tutti sono contenti. Tutti… tranne Nemorino.
Nemorino è infelice, perché è
innamorato. Ma Adina, la ragazza che
ama, sembra interessata, più che a lui, ai bei soldatini in divisa che fanno la
ronda in piazza…
All’improvviso appare sulla piazza un omone
dalla voce possente, il dottor Dulcamara.
Dulcamara è solo un cialtrone che si spaccia per
guaritore, per mago. Un venditore di niente, un marpione che vive e prospera
come tanti Dulcamara di oggi.
Perché… non
siamo forse ancora assediati da ciarlatani, in questo nostro grande paese di Acchiappacitrulli?
DULCAMARA
Udite, udite, gente! Attenti, e non fiatate.
Io già suppongo e immagino che tutti voi sappiate
che io sono quel gran medico,
dottore enciclopedico chiamato Dulcamara,
la cui virtù preclara e i portenti infiniti
son noti in tutto il mondo... e dintorni!
Benefattor degli uomini, guaritore di ogni male,
in pochi giorni io sgombero, spazzo gli ospedali,
e vado per il mondo a vender la salute.
Compratela, compratela,
per poco io ve la do!
In questo flaconcino c’è un mirabile liquore,
di cimici e zanzare potente distruttore,
i cui certificati autentici e bollati
toccar vedere e leggere a ognun di voi farò.
Per questo mio portento, un tal settuagenario,
padre di dieci bimbi di colpo diventò.
Per questo «tocca-sana», in una settimana
più d'un afflitto giovane di piangere cessò.
O voi, signore anziane, ringiovanir bramate?
Le vostre rughe scomode con esso cancellate.
Volete signorine, ben liscia aver la pelle?
Voi giovanotti intrepidi, volete aver ragazze?
Comprate il mio liquore, per poco io ve lo do.
Egli muove i paralitici, guarisce gli apoplettici,
gli asmatici, gli asfittici, gl'isterici, i diabetici,
Comprate il mio liquore,
per poco io ve lo do.
Apposta l'ho portato da lungi mille miglia!
Direte: quanto costa? quanto vale una bottiglia?
Cento scudi?... trenta?... venti?
No... nessuno si sgomenti.
Ecco qua: un sì stupendo, un sì balsamico elisire
tutta Europa sa ch'io vendo
a non men di dieci lire:
ma siccome è pur palese ch'io son nato nel paese,
per tre lire a voi lo cedo,
sol tre lire a voi richiedo.
Ah! I miracoli dell’amor di patria!
NEMORINO (al pubblico)
Ha forse il cielo mandato proprio per mio bene
quest'uomo miracoloso qui nel villaggio?
Voglio proprio provare la sua straordinaria scienza.
Dottore... perdonate...
È vero che possedete segreti meravigliosi?..
DULCAMARA
Meravigliosi? … Sorprendenti!
La mia saccoccia è come il vaso di Pandora.
NEMORINO
Avreste voi... per caso... la bevanda amorosa
della regina Isotta?
DULCAMARA
Ah!... che?... che cosa?
NEMORINO
Voglio dire... lo straordinario elisir che fa innamorare...
DULCAMARA
Ah! sì sì, capisco, capisco.
Neanche a farlo a posta! Proprio io ne sono il distillatore.
Neanche a farlo a posta! Proprio io ne sono il distillatore.
NEMORINO
Davvero?
DULCAMARA
Beh, beh! Se ne fa un gran consumo alla
tua età.
NEMORINO
Oh, che fortuna!... e ne vendete molto?
DULCAMARA
Oh! Tanto! Tanto! Ogni giorno in tutto il mondo.
NEMORINO
E quanto costa?
DULCAMARA
Poco... assai... cioè... secondo...
NEMORINO
Uno zecchino d’oro... in tasca non ho nient’altro...
DULCAMARA
Uno zecchino d’oro … è la somma giusta.
NEMORINO
Ah! Allora datemelo, dottore.
DULCAMARA
Ecco, fortunato giovane, il magico liquore.
NEMORINO
Obbligato, signore, obbligato!
Sono davvero felice.
Vi benedica il cielo, illustre dottore!
DULCAMARA (al pubblico)
Nel paese che ho girato
più d'un gonzo ho incontrato,
ma uno sciocco come questo
mai l’ ho visto in verità.
NEMORINO
Ehi!... dottore... un momentino...
Ditemi: come si deve usare?
DULCAMARA
Con riguardo, pian, pianino…
La bottiglia un po' si scuote... Poi si stura... ma, attento!
che il vapore non se ne vada.
Quindi al labbro lo avvicini, e lo bevi a centellini,
e l'effetto sorprendente presto arriva...
NEMORINO
Sul momento?
DULCAMARA
A dire il vero,
necessario è un giorno intero.
(al pubblico)
Tanto tempo è sufficiente per darmela a gambe.
NEMORINO
E il sapore?...
DULCAMARA
Eccellente...
Giovanotto! Ehi, ehi!...
NEMORINO
Signore?
DULCAMARA
Su questo affare... silenzio!... sai?
Oggi vendere l'amore
è un affare pericoloso assai:
potrebbe impicciarsene l’autorità, e ….
NEMORINO
Vi do la mia parola: non lo saprà neanche un'anima.
DULCAMARA
Va, fortunato mortale; ti ho
donato un tesoro:
tutte le donne domani sospireranno per te.
(al pubblico)
Ma domani di buon mattino
Io sarò ben lontano di qua.
NEMORINO
Ah! dottore, vi do la mia parola
che lo berrò per una sola donna,
e che non ne resterà neppure una goccia
per nessun’altra.
(Dulcamara esce)
NEMORINO
Caro elisir! Finalmente mio! Sì tutto mio...
Come dev’essere potente la tua virtù!
Ancora non ti ho bevuto,
e già mi sento il cuore pieno di gioia! (lo bacia)
Voglio berlo subito. (beve)
Oh, buono! oh, caro! Un altro sorso.
Oh, quale dolce calore sento scorrermi nelle vene…
Sono sicuro che in questo preciso momento
anche lei… sta incominciando
a sentire la stessa
fiamma .
Ne sono sicuro, sì… Ne sono sicuro…
10
EPILOGO
Da “ADRIANA LECOUVREUR”
di Francesaco Cilea
Abbiamo evocato, stasera, i
fantasmi del Teatro d’Opera, personaggi che hanno fatto fremere e sognare intere generazioni.
Sullo sfondo della finzione scenica, maschere di donne innamorate e di creature dolenti, di sognatori e di
furbi, di allegri truffatori e di ghigni diabolici …
E’ il gran teatro dell’esistenza!
E dietro ogni maschera, le nostre voci di commedianti.
Evocando i fantasmi dell’Opera,
abbiamo voluto presentarvi “squarci di vita”, perché il teatro è la vita, e la
vita è teatro.
Noi che la vita la imitiamo sulla scena, come diceva Adriana
Lecouvreur, una grande attrice, non siamo che servi
del Genio creatore: egli ci dona la sua
“parola” perché noi la doniamo a voi.
Io
son l'umile ancella del Genio creatore:
egli
mi porge le parole, ed io le diffondo nei vostri cuori...
Di
tanta poesia, io non sono che il ritmo, l'accento,
solo
l'eco del dramma umano…
Ora
dolce, ora allegra, talvolta atroce…
Il
mio destino è essere fedele.
La
mia voce non è che un soffio,
l’ombra
di un sogno
che
svanirà alla luce dell’alba…
A voi, che questa sera avete accolto questo nostro
dono, grazie, grazie!